QUATTRO SERATE PER ANNA
14-17 ottobre 2021
Teatro Edi Barrio’s
piazza Donne Partigiane – 20142 Milano
Prevendita online: www.diyticket.it
Prezzi:
14 ottobre € 15 | under 30 € 8
15-16-17 ottobre € 10 | under 30 € 5
PROGRAMMA
giovedì 14 ottobre ore 20.30
– Una giovane promessa …
TRE STORIE E DUE BUGIE
Di e con Giacomo Toccaceli
…e un attore affermato! –
Nel decennale della sua prima nazionale:
ANTROPOLAROID
Di e con Tindaro Granata
OSPITE SPECIALE – Vincitore della Menzione Speciale della Giuria Allievi Scuole di Teatro di Milano 2010
“Anropolaroid nasce dalla mia esigenza di sviluppare e rielaborare il cunto, memoria a me trasmessa incosapevolmente dai miei nonni, entrambi analfabeti. Allontanandomi dal modello oroginario di tradizione orale del cunto, riscrivo e reinterpreto il passato della mia famiglia intrecciandolo a episodi di cronaca avvenuti nel mio paese di nascita. Personaggi e voci vengono portati in scena esclusivamente con l’aiuto del mio corpo. Queste umanità, senza artifici scenografici, si alternano, si sommano, si rispondono, come legate da un comune cordone ombelicale. Antropolaroid è un racconto grezzo e popolare abitato da storie che i miei nonni, non consapevoli di utilizzare una tecnica antica, mi hanno tramandato. Io le ho istintivamente memorizzate nel mio letto, come si memorizzano le favole della buonanotte.”
(Tindaro Granata)
venerdì 15 ottobre ore 20.30
– Una bellezza misteriosa e inquietante –
SCIÙ SCIÙ – BROKEN BECOMES BEAUTIFUL
Collettivo Treppenwitz
Scritto e diretto da Carla Valente
Assistente alla regia Simon Waldvogel
Con la collaborazione di Federica Carra, Aurelio Di Virgilio, Anahì Traversi
Vincitore della Borsa Teatrale Anna Pancirolli 2020
La prima domanda è stata: che vuol dire “broken” per me? Come ci si sente nei propri panni? Quanto conta lo sguardo degli altri?
Ho deciso di partire dalla mia storia autobiografica e di trasformarla attraverso la creazione artistica in un pensiero universale.
Sciù sciù è il nome con cui da bambina mi chiamava mia nonna. Un vezzeggiativo napoletano che vuol dire carina, dolce come un pasticcino: esercitazioni di bellezza.
Sciù sciu è un modo per tornare a se stessi, ritrovarsi e creare nuove possibilità di esistenza. È la storia di un corpo e di una storia che non vuole essere per forza una storia. Sono nata con una malformazione alla mano.
Possono esserci diverse cause, ma la più plausibile potrebbe essere la radioattività della centrale nucleare del Garigliano che si trova a circa trenta km da Gaeta, città in cui sono nata.
A Gaeta e nei paesi limitrofi vi è un alto tasso di tumori, leucemie e malformazioni agli arti probabilmente a causa della dismissione della centrale disattivata nell’82.
Ancora oggi non vi è un sito di rigenerazione delle scorie radioattive.
Sciù sciù- Broken Becomes Beautiful è una storia di scorie per gettare luce su una situazione ferma da decenni ma molto pericolosa per tutti i cittadini non solo della Campania e del sud pontino.
Un antico proverbio dice: “Il pesce non vede l’acqua perché ci vive dentro”.
Sciù sciù è un’immersione tra le fratture che ognuno di noi ha dentro, che spesso vive come mancanze, come disabilità: il diritto alla bruttezza.
Le parole diventano importanti, il corpo diventa il centro di gravità attraverso cui ridisegnarsi.
Aspirare a qualcosa fuori di noi, un viaggio angosciante e non uno stimolo a crescere.
E nel bisogno ossessivo di limare ogni angolo, di cancellare l’intruso, di spingerlo con forza dentro ci si allontana sempre di più dalla nostra vera natura. Nessuno è immune all’illusione della perfezione. Esercitazioni di bellezza, potrebbe essere un sottotitolo al sottotitolo.
Sciù Sciù – Broken Becomes Beautiful vuole essere un elogio alla vita imperfetta attraverso la fragilità, la vulnerabilità che appartiene ad ognuno di noi.
Le cicatrici diventano gioielli da esibire. Quella che per la protagonista è una mano vuole essere il veicolo che per chiunque altro è una personale mancanza. Una mancanza che assume quindi la statura di esperienza universale. Una presa di coscienza della propria finitezza, che assume in ognuno una forma diversa e particolare.
sabato 16 ottobre ore 20.30
– Un mosaico di giovinezza e di emozioni –
IL LEGGERO PESO DELLA FINE
Odissea – Storia di un ritorno
di Scialla! – Laboratorio Teatrale per adolescenti del Barrio’s
A cura di Amici di Edoardo e ATIR Teatro Ringhiera
Regia di Gabriele Genovese
Vincitore del Premio Enea Ellero per il Teatro Sociale 2020
Scialla è un laboratorio di teatro che si svolge al Barrio’s, centro sociale nel cuore del quartiere Barona alla periferia sud ovest di Milano, promosso dall’Associazione Amici di Edoardo Onlus in collaborazione con ATIR Teatro Ringhiera.
Da 4 anni coinvolge gli adolescenti del quartiere (12/18 anni) nella sfida che il teatro impone a tutti, attori o spettatori che siano: riflettere su se stessi e sul proprio ruolo.
Il gruppo ha raggiunto una sua maturità artistica, tanto da essere coinvolto in un progetto di produzione ambizioso promosso dalla compagnia ATIR Teatro Ringhiera: Odissea- Storia di un ritorno.
Nell’ottobre del 2017, infatti, dopo dieci anni al Teatro Ringhiera, ATIR è costretta a lasciarlo per improrogabili lavori di ristrutturazione.
Negli anni al Ringhiera la compagnia ha costituito una vera e propria comunità, vasta e trasversale, formata in larga parte dai partecipanti ai laboratori di teatro sociale: over 60, persone con disabilità, bambini, adolescenti, coniugando proposte artistiche di qualità con attività rivolte ai cittadini e al territorio, nella convinzione che l’arte teatrale possa costituire un potente strumento di inclusione, aggregazione e benessere.
Quest’anno, al terzo anno di diaspora, tutti questi laboratori si ritroveranno intorno ad un unico tema di lavoro: l’Odissea. Ciascun gruppo lavorerà su episodi specifici, tradotti ad hoc da un team di esperti con cui ATIR collabora da tempo. A fine maggio ciascun laboratorio presenterà i diversi saggi/episodi. Da ognuno, Serena Sinigaglia sceglierà un frammento per arrivare a costruire un unico spettacolo/evento che si svolgerà a fine settembre in alcuni spazi significativi della città.
Scialla lavorerà su due canti di Odissea pensati appositamente per la natura del gruppo: i lotofagi e l’ade ovvero le dipendenze e la morte.
Lo spettacolo sarà frutto di un lavoro di composizione drammaturgica condivisa e di scrittura scenica corale. I ragazzi sono chiamati non solo ad un’esperienza esclusivamente attorale ma ad un lavoro autorale, di
produzione e selezione dei materiali inerenti ai temi legati all’Odissea, da condividere con il gruppo in sede laboratoriale e di prova.
Si lavorerà esplorando le diverse sfaccettature, non escludendo gli aspetti ironico-grotteschi che temi così forti e universali possono nascondere.
I ragazzi hanno già iniziato a portare proposte che spaziano dalla scrittura originale alla composizione fisica a canzoni, immagini e improvvisazioni, i linguaggi poi utilizzati nello spettacolo.
Alcuni studenti dell’Accademia di Brera (coinvolta nel progetto Odissea) parteciperanno a tutti gli incontri di laboratorio per definire un progetto di scenografia.
La regia avrà cura di migliorare, sviluppare e comporre le varie proposte portate dai ragazzi durante l’intero anno laboratoriale avendo come obiettivo del percorso un’autonomia artistica del singolo e del gruppo, una regia messa a servizio del lavoro che nasce durante gli incontri.
domenica 17 ottobre ore 16.00
– Proviamo a riempire il vuoto? –
STUDIO SU ()PERA DIDASCALICA
Con Raimonda Maraviglia, Alessandro Paschitto, Francesco Roccasecca
Luci: che luci?
Musiche: quali musiche?
Scene: a pro di che?
Costumi : senza
Regia Alessandro Paschitto
Vincitore del Premio Leo De Berardinis 2021
Vincitore del bando nazionale Call from the aisle 2020
Produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale con il sostegno di C.U.R.A. Centro Umbro di Residenze Artistiche, Micro Teatro Terra Marique, Corsia Of – Centro di Creazione Contemporanea
Si ringrazia Mario Autore, Giulia Sangiorgio, Eliana Rotella, Chiara Cucca, l’Asilo – Ex Asilo Filangieri
Vincitore della Menzione Speciale della Giuria Allievi Scuole di Teatro di Milano 2020
Cosa resta se facciamo a meno di trame e personaggi? Se il dialogo viene abbandonato perché fonte di ulteriore incomprensione? Se non c’è più nemmeno la necessità di agire? Lo spazio è vuoto, disallestito, nudo. Le luci di sala sono accese. Le casse spente, non c’è audio riprodotto. Anche chi va in scena: ci va con i suoi abiti del giorno. L’incapacità di rappresentare si fa immagine paradossale di un’altra incapacità: quella di vivere. L’azione è sempre interrotta sulla soglia, sfiorata, presagita, messa in discussione e, là dove portata a termine, poi riconosciuta nella sua insensatezza costitutiva. Un saltello che è un saltello e basta: inutile. Uno spostarsi da un punto a un altro: andirivieni vago. E un dito che nulla indica: perché? Perché portare in scena un lavoro simile? Può, nella sua sguarnita caducità, riuscire a essere qualcosa anziché niente? Perché non fare il taglio a monte, rinunciando? Perché farlo? Di tentativo in tentativo, fallimento in fallimento, qualcosa sembra rimanere. Un’eco, un sedimento che si cumula, un’impressione sempre più presente nel vuoto dello spazio. I tentativi scavano come dei solchi, divaricano parentesi ancora non riempite. Se qualcosa appare in scena, lo fa solo in quanto proiettato da un di dentro di chi osserva. Il luogo della rappresentazione si sposta dalla scena vuota al retro dei suoi occhi. Come quando si aspetta un ceffone e non arriva. Dov’è finito? Dentro di noi.